MISSIONE GEORGIA
Gli esponenti di Europa Radicale Igor Boni, Francesco Iannuzzi, Silvja Manzi e Chiara Squarcione si sono recati a Tbilisi, capitale della Georgia, in occasione delle elezioni politiche del Paese, avvenute il 26 ottobre 2024. Quello che segue è il diario del viaggio di Igor Boni.
25 Ottobre
L’aereo parte con oltre 7 ore di ritardo a causa di un danno subito a un’ala per l’impatto causato da un uccello. Tutti i passeggeri, che erano saliti insieme a noi sull’aereo danneggiato, alla notizia della necessità di scendere, per aspettare che arrivi dalla Georgia un nuovo velivolo, non reagiscono in alcun modo. Non ci sono proteste, domande o particolari segni di sconforto. Scendiamo quindi ordinatamente e tutti, con tranquillità, aspettiamo mezza giornata sulle sedie del gate. La quasi totalità dei passeggeri è russa o georgiana. Ci chiediamo cosa sarebbe accaduto in un volo di passeggeri italiani.
Partiamo da Bergamo che sono ormai le 22:30, rispetto alle 15 previste, e arriviamo a Tbilisi alle 4:30 del mattino, ora locale. La differenza di fuso orario è di due ore, diventeranno tre quando in Italia si passerà all’ora solare. L’aeroporto, a dispetto delle attese, brulica di persone: passeggeri in arrivo e in partenza, molti ad attenderli esponendo cartelli con i nomi, taxisti che sperano di trovare un cliente, uffici del cambio valuta e del noleggio automobili aperti e operativi.
Con un taxi che paghiamo prima della partenza direttamente in un gabbiotto all’interno dell’aeroporto, raggiungiamo il nostro albergo in una mezz’ora. Si trova nel cuore della città vecchia. Tbilisi dorme ancora, e noi con lei.
26 Ottobre
È il giorno fatidico delle elezioni politiche. I seggi resteranno aperti dalle 8 alle 20 per accogliere chi dei circa 4 milioni di elettori si vorrà recare alle urne per decidere del futuro del Paese.
10:30 Incontriamo nel nostro albergo il compagno radicale di tante battaglie Mamuka Tsagareli. Ci racconta per un’ora filata della situazione politica in Georgia. Ha ricoperto il ruolo di Ministro all’inizio degli anni ’90 ed è stato il riferimento del Partito Radicale Transnazionale per la Georgia.
In queste elezioni “Sogno Georgiano”, il partito filorusso dell’oligarca Bidzina Ivanishvili, che da solo possiede parte rilevante delle risorse economiche della Georgia (la sua ricchezza è attualmente stimata in 7 miliardi di dollari), punta alla maggioranza assoluta per modificare la Costituzione, mettere fuori legge i partiti di opposizione ed eleggere un presidente del Paese a propria immagine e somiglianza.
Dal canto loro le opposizioni sono divise e non hanno un unico leader di riferimento. Sotto la spinta della attuale presidente del Paese, Salomé Zourabichvili, hanno trovato un accordo presentandosi con più liste di coalizione tentando di arginare Sogno Georgiano sotto la soglia del 50%.
È quasi ora di pranzo ma con l’automobile di Mamuka partiamo per raggiungere un pezzo della nostra storia.
12:30 Raggiungiamo la casa dove abitava Antonio Russo. Un palazzone grigio, spoglio, in un quartiere popolare. Il suo appartamento era al primo piano.
Nel tragitto abbiamo acquistato 3 rose rosse che depositiamo accanto alla sua finestra. Apriamo una bandiera della Cecenia libera e proviamo a dire qualcosa che possa ricordare il coraggio e dare continuità alla sua e nostra lotta. L’emozione è tanta. La vicenda umana, politica, giornalistica di Antonio, per chi ha seguito per decenni le battaglie radicali, è un tassello fondamentale, un pilastro. Il suo assassinio da parte dei servizi segreti russi, avvenuto il 16 ottobre del 2000, a pochi chilometri da dove siamo, ci consegna la necessità di “Non mollare”.
La casa di Antonio era stata trovata con la porta sfondata e il materiale raccolto sui crimini di guerra russi in Cecenia trafugato. Mamuka ci racconta di quando ha dovuto effettuare il riconoscimento del cadavere di Antonio. Sentire le sue parole è certamente diverso dal vivere quei momenti tragici, ma certo non lo dimenticheremo.
13:30 Ripartiamo. Mamuka vuole portarci dove attualmente vive ma prima abbiamo ancora una tappa importante. Ci fermiamo a un seggio nel centro città (ce ne sono 3000 nel Paese) presso l’Accademia delle Scienze. Un cane dorme tranquillo acciambellato di fianco alla porta dove entrano ed escono gli elettori. Entriamo per vedere come si svolgono le operazioni di voto.
Agli elettori, prima di entrare nella cabina elettorale, viene messo dell’inchiostro sulle dita. Con un rilevatore elettronico si verifica la presenza dell’inchiostro per evitare che vi siano doppi voti. Un sistema facilmente aggirabile, evidentemente non adeguato a limitare i brogli. Per quel che vediamo le persone entrano ordinatamente. L’affluenza sembra buona ma siamo nel centro della capitale.
Nel tragitto a piedi Mamuka ci tiene a indicarci la via dove è nato, dove ha passato la sua giovinezza.
14:30 Di nuovo in automobile. Mamuka vuole portarci dove vive e farci vedere con orgoglio luoghi bellissimi. Nel tragitto ovunque campeggia a caratteri cubitali la propaganda di Sogno Georgiano con il suo numero di lista, il 41. Manifesti, gigantografie, interi cavalcavia, fermate dei mezzi pubblici, pullman, intere pareti di grandi palazzi. Tutto è tappezzato dal blu dei filorussi con il 41.
Arriviamo a Mtskheta a una ventina di chilometri da Tbilisi, dopo lunghe code in auto. Forse è un buon segno: molti si muovono per andare a votare. Se l’affluenza sarà alta le possibilità che Sogno Georgiano vinca si riducono. Vedremo.
Mangiamo in un luogo stupendo con una vista e colori che fanno appassire le preoccupazioni per questa giornata cruciale per la Georgia e per l’Europa. La gentilezza di Mamuka è commovente; la cucina georgiana ci accoglie nei suoi profumi e sapori e noi non ci facciamo pregare.
16:00 È tempo di ripartire. Mamuka ci saluta. Prendiamo un’automobile con la piattaforma Bolt (qui a differenza che in Italia non c’è il monopolio dei Taxi) per rientrare verso il nostro albergo. Ormai manca poco alla chiusura dei seggi.
Sui social cominciano a rimbalzare decine di video di schede buttate a mucchi con forza dentro le urne e di violenze fisiche e minacce avvenute in alcuni seggi. La sede di uno dei partiti – l’UNM dell’ex-presidente Mikheil Saakashvili, ora in carcere – di una delle coalizioni di opposizione, che si presenta con il numero 5, viene assaltata dai militanti di Sogno Georgiano.
20:00 I seggi chiudono. Noi raggiungiamo a piedi la sede del Parlamento sul viale Shota Rustaveli, che ha visto le oceaniche manifestazioni in primavera e il 20 ottobre scorso.
Arrivando vediamo molta polizia e poche persone. Incontriamo la giovanissima Sara Gianrossi che collabora con Linkiesta. Con lei la sua amica Beatrice che ha fatto un Erasmus a Tbilisi e uno stage in Ambasciata. Ci fermiamo a lungo a parlare con loro che ben conoscono le aspirazioni europee dei loro coetanei georgiani.
Quindi proseguiamo a piedi fino alla sede di un’altra coalizione delle opposizioni. È la lista numero 4. Entrando incontriamo moltissime persone, per lo più sorridenti e soddisfatte. Sono appena usciti gli exit-poll che danno Sogno Georgiano attorno al 40%. Se così fosse sarebbe una vittoria per le opposizioni unite.
In una grande stanza adibita a studio televisivo, incontriamo e abbracciamo Nika Gvaramia, leader del Partito Ahali e già ministro della giustizia. È quasi raggiante. Parliamo a lungo con Eka Kvesitadze, giornalista con la quale avevamo avuto una lunga riunione dall’Italia. Un contatto fornito da Nona Mikhelidze e Mauro Voerzio.
Sarà la nostra lunga esperienza di attese elettorali o la convinzione che la Russia non potrà certo farsi scappare facilmente la Georgia dalle grinfie ma siamo più preoccupati che entusiasti.
21:00 All’uscita della sede sentiamo molte auto suonare il clacson a festa. Non si tratta di sostenitori delle opposizioni come a un primo momento avevamo immaginato, ma di fan di Sogno Georgiano. Caroselli di automobili, ciascuna con le stesse bandiere, e di moto a molte decine tutte insieme, raccontano di festeggiamenti niente affatto spontanei ma bene organizzati e di tanto denaro. Nelle ore che passano l’incubo russo avvolge la città: Sogno Georgiano nei risultati ufficiali raggiunge il 54%.
Facciamo ancora un salto alla Sala Stampa estera predisposta all’Hotel Marriott. Incontriamo i giornalisti italiani e lo scrittore francese Emmanuel Carrère, parente della Presidente Zourabichvili. L’atmosfera è cupa e densa; i risultati hanno di fatto ribaltato gli exit poll. Le opposizioni denunciano da subito i brogli mentre Sogno Georgiano esulta.
Andiamo a letto non prima di essere passati di nuovo davanti al Parlamento per vedere la situazione, che continua a essere tranquilla, nonostante tutto.
27 Ottobre
Mattinata in albergo a scrivere articoli, impostare comunicati stampa, aggiornare i social, con il supporto prezioso di Giulio Manfredi e Federica Valcauda, a cercare di capire quali reazioni le opposizioni stanno immaginando.
Camminando per le strade della città si osservano numerose scritte “Fuck Putin”, le bandiere georgiane sempre accompagnate da quella europea e, spesso, da quella dell’Ucraina e della Nato. Frequenti i murales con le scritte RUZZIA IS A TERRORIST STATE o WE ARE EUROPE.
A dispetto dei risultati elettorali tutto però è tranquillo e normale, la vita della città prosegue senza scossoni.
15:00 Gli osservatori dell’OSCE e quelli europei tengono la loro conferenza stampa che ha il sapore un po’ del cerchiobottismo. Sono evidenti gli episodi di brogli e di intimidazione così come una sproporzione impressionante in termini di propaganda. Tuttavia, il giudizio sulle elezioni non è perentorio. Intanto Transparency International comunica alla chiusura dei seggi 150 casi di schede non validate, 100 violazioni del segreto del voto, 350 casi di presenza di persone non autorizzate, oltre 100 casi di minacce e violenze, 160 casi di limitazione del lavoro degli osservatori e 250 denunce di violazioni.
16:00 Raggiungiamo la sede del partito UNM (United National Movement), quello dell’ex presidente Mikheil Saakashvili, della coalizione numero 5. Un enorme palazzo post-sovietico di cemento, alla periferia della città. La sede è enorme e piena di gente. L’atmosfera è pesante, triste, di sconfitta. Molti dormono sui divani dopo una notte insonne appesa a speranze svanite. L’incontro è molto lungo e intenso. I dirigenti colgono con noi l’occasione per esternare lo sconforto che li opprime. Ci raccontano di seggi dove hanno votato il 100% degli aventi diritto: letteralmente impossibile. Come in altre occasioni ci ripetono che non c’è un piano B. L’attesa ora è tutta concentrata sul discorso che la Presidente Salomé Zourabichvili farà al Paese in serata.
Alla nostra domanda su cosa pensino di un nuovo Maidan per la Georgia, rispondono seccamente che sono contro ogni tipo di violenza. La sensazione è di avere davanti un pugile alle corde che sta per gettare la spugna.
Proponiamo loro, timorosi, di fare una foto tutti insieme con il nostro striscione GEORGIA IS NOT RUSSIA. Accettano. È il primo sorriso che vediamo aprirsi sui loro visi.
Rientriamo in centro. La sensazione di attesa ce la sentiamo addosso, dentro.
19:00 Decidiamo di andare di nuovo davanti al Parlamento per tastare l’aria. Quando arriviamo ci sono alcuni giornalisti, qualche telecamera e un drappello di una decina di manifestanti. La polizia è presente in forze.
Ci facciamo coraggio e apriamo lo striscione e alziamo le bandiere ucraine. Immediatamente un poliziotto si avvicina per farci un lungo video e così alcune troupe presenti sul posto. Un ragazzo georgiano che parla un po’ di italiano ci dice di aver visto il video sui social della nostra manifestazione di Milano, davanti al Consolato, con lo stesso striscione. È sorpreso e si complimenta commosso con noi. Avrà pensato ingenuamente di avere di fronte una organizzazione capillare che ha in molti Paesi del mondo i propri militanti. Non è proprio così…
Un signore di una certa età si unisce a noi, non parla una parola di inglese ma scandisce spesso “No Krusciov, No Breznev, No Putin”. Un gruppo di cinesi ci fotografa divertiti. Molte di loro, a turno, vogliono essere immortalate con il nostro striscione. Un giornalista con telecamera, mentre stiamo ritirando il materiale, ci chiede di attendere 5 minuti ché ci manda in diretta.
Incontriamo sul posto Micol Flammini, inviata del Foglio, mentre si avvicina l’orario fatidico del discorso della Presidente.
21:00 Cerchiamo una sala stampa per seguire il discorso della Presidente ma sembra non essere prevista.
Andiamo a cena e leggiamo che la Presidente non solo non china la testa ma denuncia frontalmente i brogli e convoca tutti per una manifestazione davanti al Parlamento alle 19 del giorno successivo.
28 Ottobre
11:00 A poca distanza dal nostro albergo vediamo casualmente l’inviata della RAI Liana Mistretta accompagnata dal cameraman. Le spieghiamo della nostra missione ma sembra più preoccupata per i disordini che potrebbero esserci durante la manifestazione della sera.
Presso l’Ambasciata italiana a Tbilisi, salutiamo l’Ambasciatore Massimiliano D’Antuono e la Vice Capo Missione Fabiola Albanese in un incontro più lungo del previsto.
Il Palazzo del Governo, presidiato dalla polizia, è a poche centinaia di metri da dove siamo.
13:00 Ci trasferiamo nel bar di un Museo che ha enormi vetrate proprio dinanzi al Parlamento, dove incontriamo il freelance Giacomo Ferrara che collabora con RAI NEWS. Giacomo è stato 4 volte in Georgia e ha seguito le manifestazioni dalla primavera 2024. Anche lui ci dice che le opposizioni dopo la batosta subita e i brogli non sanno cosa fare mentre gli stessi georgiani che sono contro il Governo chiedono una reazione. Per ora l’unica risposta sul tavolo è quella lanciata dalla presidente per le 19 di oggi. Ci salutiamo con la promessa di rincontrarci.
14:00 Incontriamo Sophiko Vasadze, executive producer di Radio Free Europe/Radio Liberty. Ci ospita in un bellissimo locale immerso in un’atmosfera centroeuropea. Seduti a un tavolo all’aperto ci dice che 14 punti percentuali di differenza tra gli exit poll e i risultati definitivi sono qualcosa di letteralmente impossibile. It’s impossible! Ripete quasi ossessivamente. I brogli elettorali hanno modificato il risultato. Ci fa vedere un video che mostra in contemporanea le reazioni di tutte le liste in corsa all’uscita degli exit poll. Le quattro coalizioni di opposizione esultano e applaudono mentre nella sede di Sogno Georgiano cala un silenzio di tomba. Poi le cose sono andate diversamente.
Rientriamo a piedi con una lunga camminata verso l’albergo e incontriamo un enorme manifesto di Sogno Georgiano, con due foto che mettono a confronto le città bombardate dell’Ucraina in bianco/nero e i numeri delle 4 coalizioni di opposizione con le città georgiane a colori e il 41 della coalizione che fa capo a Sogno Georgiano.
Il messaggio è chiaro e potente: se votate per le opposizioni i Russi ci bombarderanno. Per un Paese che ha dal 2008 il 20% del proprio territorio occupato militarmente dalle truppe di Mosca non è certo un messaggio che passa inosservato. Apriamo il nostro striscione GEORGIA IS NOT RUSSIA e ci facciamo una foto sotto questa propaganda infame.
Affianco scorre l’acqua del fiume Kura che arriva dal confine con la Cecenia sul Caucaso, attraversa parte dei territori occupati e qui, a poche centinaia di metri da noi, passa sotto il ponte pedonale, in vetro e acciaio, denominato “della pace” (progettato da un architetto italiano) in una sorta di purificazione che ha però un sapore beffardo.
19:00 È l’ora fatidica. Con anticipo arriviamo davanti al Parlamento. All’inizio c’è indubbiamente molta gente ma non pare una marea. Apriamo lo striscione e tiriamo fuori le bandiere europee e ucraine. Il successo è immediato. Fotografi ufficiali e improvvisati, televisioni, blogger, giornalisti, si avvicinano e ci riprendono e fotografano. Ci chiedono chi siamo, da dove veniamo e perché. Si sprecano i ringraziamenti, i gesti di riconoscenza e gli attestati di stima.
Guadagniamo la scalinata che sale al Palazzo, a pochi metri dal palco. La piazza si riempie rapidamente, i droni in cielo riprendono tutto e fanno vedere che siamo in molte decine di migliaia. Di striscione ce n’è solo uno: il nostro. Molti vogliono farsi una foto con noi, bambini avvolti nella bandiera georgiana sono ripresi al nostro fianco dai genitori, alcuni mentre fanno la foto hanno il pollice alzato verso l’alto.
Nel mare di gente a un certo momento percepiamo una agitazione davanti a noi, sulla nostra destra. La Presidente scortata tra la folla passa accanto al nostro striscione e arriva sul palco a 4 metri dalla nostra ottima postazione. Inizia a parlare e la tensione della piazza è evidente. Parla in georgiano, ovviamente, e non capiamo cosa dice mentre cerchiamo di immaginarlo dalle reazioni che suscita. Dopo pochi minuti le agenzie internazionali rilanciano la sua richiesta di ripetere le elezioni sotto il controllo internazionale. Dice: “Il vostro voto è stato rubato”. Tra gli applausi termina il suo intervento e viene scortata tra la folla passando di nuovo a un metro da noi. Il freelance di RAI NEWS Giacomo Ferrara le chiede al volo cosa deve fare l’Europa. Risponde in modo esplicito e netto con tre parole: “Support, support and support!”. Il video incredibilmente non sarà trasmesso perché, a detta della emittente, sono più importanti i risultati delle elezioni in Liguria.
Si susseguono al microfono membri delle opposizioni, molte di loro sono donne. Il clima è determinato e calmo allo stesso tempo. L’emozione sale quando a tutto volume viene suonato l’inno georgiano e, ancora di più, quando parte l’Inno alla Gioia dell’Unione Europea che fa accendere le torce dei telefonini a migliaia e migliaia di manifestanti come in un concerto.
Nel frattempo facciamo interviste in italiano, inglese, francese e spagnolo. Per come possiamo. Alla fine dei comizi la gente in gran parte si ferma in piazza ancora per molto tempo, per non lasciare la posizione. Noi restiamo insieme a loro.
Alla fine, mentre ritiriamo le nostre cose, ci rendiamo conto del piccolo-grande successo della nostra iniziativa. Le foto e le riprese del nostro striscione sono in tutte le televisioni georgiane, su molte agenzie e organi di stampa italiani e internazionali. Particolare soddisfazione per l’ANSA che apre il carosello di immagini con il primo piano del nostro striscione dove campeggia la bandiera ucraina, per il lancio stampa su Novaya Gazeta e, soprattutto, per essere finiti su almeno due televisioni della propaganda russa additati come militanti ucraini e provocatori. Una bella medaglia da rivendicare.
22:30 In serata trascorriamo la cena a parlare della situazione in Georgia e quella interna dei Radicali con Giacomo Ferrara. Siamo soddisfatti di quanto fatto; effettivamente non potevamo aspettarci di più. Nulla di eclatante, certo. Ma è un tassello della teoria della prassi radicale che si aggiunge.
29 Ottobre
Giorno del rientro in Italia. Prima di partire, in mattinata da Tbilisi abbiamo ancora due interviste da fare per una televisione e una radio italiane.
Il viaggio di ritorno, a differenza dell’andata, non ha imprevisti.
All’arrivo andiamo ancora a Milano a casa di Anna Zafesova per aggiornarla di quanto visto e fatto. È proprio lei che nel suo ultimo articolo pubblicato su La Stampa, ha utilizzato il nostro slogan come incipit: GEORGIA IS NOT RUSSIA.