Europa Radicale promuove il Comitato “NO ai referendum contro il lavoro” della CGIL e apre la campagna elettorale referendaria
Il coordinatore e la tesoriera di Europa Radicale Igor Boni e Federica Valcauda, Silvja Manzi del comitato promotore di Europa Radicale e gli iscritti all’associazione Carmelo Palma e Marco Taradash sono i primi promotori del Comitato per il NO ai referendum contro il lavoro promossi dalla CGIL.
Il comitato, formalmente costituito, farà campagna elettorale chiedendo agli elettori di recarsi alle urne a votare NO ai referendum promossi dalla CGIL con lo slogan “NO, NO, NO, NO“.
Referendum 1 – scheda verde: «Contratto di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione»
Il referendum propone l’abrogazione totale del Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23, che disciplina il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. Approvato nell’ambito del Jobs Act, il decreto ha modificato le regole sui licenziamenti e sulle tutele dei lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, sostituendo il regime dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori con un sistema basato su indennizzi economici crescenti in base all’anzianità di servizio.
I Radicali sono stati i primi a chiedere per via referendaria l’abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che impediva i licenziamenti nelle imprese con più di 15 dipendenti nell’ambito di proposte per aumentare la flessibilità del mondo del lavoro e la competitività. La vittoria del SI produrrebbe il paradosso assurdo di far tornare in vigore la riforma Fornero che prevedeva al massimo 24 mensilità di indennizzo a fronte delle 36 previste dal Jobs act.
La nostra risposta è No!
Referendum 2 – scheda arancione: «Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale»
Il quesito colpisce l’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, che riguarda i licenziamenti individuali e l’indennità di licenziamento, una normativa che si applica in generale, non solo alle piccole imprese. Tuttavia, l’attinenza con le piccole imprese deriva dal fatto che la legge in questione prevede delle specifiche regole per i licenziamenti nelle imprese che occupano un numero ridotto di dipendenti. La vittoria del SI eliminerebbe il limite massimo di indennizzo lasciando al giudice la possibilità di definire anche indennizzi milionari che avrebbero l’immediata conseguenza di far fallire l’intera impresa facendo perdere il lavoro a tutti i dipendenti. Le piccole o piccolissime imprese potrebbero essere condannate a indennizzi immensamente superiori alle grandi imprese, è possibile proporre qualcosa di più irragionevole?
La nostra risposta è No!
Referendum 3 – scheda grigia: «Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi»
Il referendum propone l’abrogazione parziale dell’articolo 19 del d.lgs. 81/2015, che disciplina il contratto di lavoro a tempo determinato. L’abrogazione riguarda specifiche parti del decreto che stabiliscono limiti e condizioni per i contratti a termine superiori a 12 mesi, eliminando alcune restrizioni e vincoli normativi. La vittoria del SI imporrebbe anche al primo contratto a tempo determinato di inserire una causale specifica. L’obiettivo esplicito della CGIL è porre limitazioni ai contratti a tempo determinato con l’illusione di incentivare quelli a tempo indeterminato. I Radicali promossero un referendum esattamente opposto che aveva l’obiettivo di facilitare i contratti a tempo determinato per facilitare le imprese in questo tipo di assunzioni a scapito di contratti a minori tutele o addirittura al lavoro nero. Se vincessero i SI si avrebbero maggiori ostacoli a realizzare i contratti a tempo determinato che, dati alla mano, sono la porta per giungere ai contratti a tempo indeterminato. Già oggi l’attuale normativa prevede al massimo 24 mesi di contratto a tempo determinato. In altri Paesi come la Gran Bretagna si possono raggiungere i 4 anni di contratto senza causale, in Francia 24 mesi come in Italia. Come scrive Pietro Ichino “sul totale di rapporti di lavoro dipendente nel nostro Paese la percentuale dei contratti a termine si aggira intorno al 15 per cento, perfettamente in linea con la media UE”
La nostra risposta è No!
Referendum 4 – scheda rossa: «Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione»
Il referendum propone l’abrogazione parziale dell’articolo 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, che disciplina la responsabilità del committente nei contratti di appalto e subappalto in materia di salute e sicurezza sul lavoro. L’abrogazione riguarda le parole che escludono l’applicazione della responsabilità del committente per i danni derivanti da rischi specifici dell’impresa appaltatrice o subappaltatrice. I Radicali proposero per via referendaria l’abolizione dell’INAIL finalizzata alla riorganizzazione unitaria degli ispettori del lavoro, oggi divisi in quattro organi diversi: Ministero, Inps, Inail e Aziende sanitarie; questa sarebbe stata una riforma efficace contrastata da sinistra e da destra.
La legislazione attuale, contenuta nel vastissimo decreto sulla sicurezza sul lavoro, il numero 81 del 2008, prevede che in tutti i casi di appalto di opere o servizi che si collochino nell’ambito dell’attività svolta dall’impresa committente, quest’ultima è corresponsabile in solido con l’appaltatrice o subappaltatrice. Il quesito propone di estendere tale responsabilità anche ai casi in cui l’attività dell’appaltatrice sia totalmente estranea a quella dell’impresa committente. Questo è il referendum più infido perché non produrrebbe alcuna riduzione degli infortuni dando responsabilità a chi certamente non può esercitare alcun controllo. Una presa in giro degli elettori.
La nostra risposta è No!
Il Sindacato ha promosso questi 4 quesiti in modo estremamente propagandistico, con l’obiettivo di dare il senso alla propria esistenza e cercando di dare maggiori diritti a chi già li ha e fregandosene bellamente dell’ampio gruppo dei lavoratori con contratti atipici, parasubordinati e delle partite IVA, che non hanno in sostanza alcuna tutela e descrivendo gli imprenditori come gli oppressori e i padroni, dimenticando che sono essi stessi lavoratori, che producono altro lavoro. Una visione dello scorso millennio, che non ha futuro mentre, servono riforme liberali di stampo centro e nord-europeo, un welfare europeo e un aumento della produttività e della competitività che sono il vero problema del mondo del lavoro nel nostro Paese,
Per questo noi rispondiamo NO, NO, NO, NO.