Articolo di Lorenzo Strik Lievers, Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini, Igor Boni, Silvja Manzi, Chiara Squarcione, Federica Valcauda, Alessandro Capriccioli, Alessandro Massari, Vittoria Loffi, Dario Boilini, Federica Oneda, Oreste Gallo, Giulio Manfredi
pubblicato dal quotidiano «Il Dubbio» il 20 febbraio 2024


Ogni giorno un esponente politico abbandona il proprio partito per approdare ad altra formazione. Cosa c’è di diverso nella nostra scelta di lasciare la casa che è stata la nostra da sempre?
Negli ultimi due anni è entrato in Radicali Italiani un modo di essere e di stare insieme che nega alla radice l’alterità che abbiamo rappresentato nell’intero panorama politico; alterità che è stata la nostra forza e che ha animato ciascuno di noi. Le nostre contrapposizioni politiche interne non si sono mai svolte a colpi di tessere, ma con la comune volontà di con-vincere. Non di spazzare via una storia che è unica. Siamo riusciti, in oltre mezzo secolo, a dare forma e sostanza a un agire alternativo a quella che continuiamo a definire “partitocrazia”, a prefigurare una alternativa a quello che continuiamo a definire “regime”. Il nostro metodo ha rappresentato le nostre fondamenta.
Con questa consapevolezza abbiamo proposto possibili soluzioni per evitare il riproporsi di quel malcostume manifestatosi negli ultimi due Congressi, che rischia di essere una peste che distrugge lo spirito radicale. Che lo trasforma in qualcosa di banalmente ordinario, di già visto, di vecchio. Una consapevolezza non solo non condivisa ma non riconosciuta dalla nuova classe dirigente, pervicacemente refrattaria a comprendere la gravità di questa metamorfosi.
Ecco perché un gruppo di radicali ha deciso di abbandonare la nave. Senza scialuppe di salvataggio, senza approdi prestabiliti. Lo facciamo da nonviolenti, per affermare che divenire come gli altri non è una buona idea per i Radicali e per affermare il nostro essere radicali anche nell’allontanamento dalla casa che non si riconosce più come propria.
Nel recente Congresso svolto in due sessioni – proprio per le irregolarità riscontrate e denunciate alla magistratura – abbiamo lasciato una traccia, un messaggio nella bottiglia. Un documento presentato senza chiedere sottoscrizioni e voti, senza candidati, un’analisi che crediamo debba divenire urgenza per l’intera Europa e alcune linee d’azione che sono nostre priorità.
L’analisi e la capacità di agire radicale sono necessarie più che mai. Tuttavia è impossibile percorrere la stessa strada divisi sul modo di essere, sul costume, sul metodo, quando c’è un morbo che ha iniziato a corrodere Radicali Italiani. Essere radicali significa originalità, anticonformismo, capacità di analisi altra rispetto al comune pensare dei partiti. Puntare sul possibile e non sul probabile è la nostra misura. Siamo forti delle nostre regole e del loro rispetto, metodo che proponiamo anche e soprattutto agli organi costituzionali repubblicani. Abdicare ai nostri principi dello stare insieme sarebbe un errore perché i mezzi prefigurano i fini. Sempre.
Il panorama internazionale è sconvolto da profonde crisi che mettono in discussione tutte le liberaldemocrazie e le socialdemocrazie. Le prossime elezioni europee e le presidenziali USA possono prefigurare la fine dell’Occidente.
Il conflitto che da due anni sconvolge l’Ucraina è stato al centro della nostra riflessione e azione politica da molto prima che la Federazione Russa la invadesse su larga scala; l’aggressione russa è punto chiave dell’attacco al mondo libero e democratico che Putin porta avanti da oltre vent’anni. La guerra del Cremlino è guerra all’Europa.
Da quattro mesi il Medio Oriente è devastato dal conflitto tra lo Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas che quella democrazia vuole distruggere.
La terribile situazione dell’Iran teocratico che uccide diritti e persone in nome della religione e la Cina comunista che vuole conquistare Taiwan dopo aver annientato la libertà di Hong Kong, sono ulteriori gravi campanelli d’allarme che si assommano alle minacce della Corea del Nord alla Corea del Sud.
La crisi di legittimità delle Nazioni Unite è evidente. L’ONU ha fallito e tradito i suoi stessi principi fondativi. E quindi la battaglia visionaria pannelliana della Organizzazione Mondiale della e delle Democrazie è da riprendere, quale argine ai regimi che vogliono annientare libertà e Stato di diritto.
In Italia siamo di fronte a uno scontro tra due opposti populismi: uno sovranista-nazional-autoritario e l’altro demagogico-manettaro. Le connivenze di Meloni con Orbán e di Salvini con Putin dimostrano la necessità di una grande forza democratica liberale e federalista. Dunque la battaglia per gli Stati Uniti d’Europa è essenziale per la tutela della democrazia anche in Italia. È la cornice entro cui inquadrare le lotte che da sempre i Radicali conducono per difendere e promuovere i diritti della persona. Questa priorità l’abbiamo proposta a tutti i partiti, da questo giornale, il 9 maggio scorso, nella Giornata dell’Europa, come iniziativa politica per le prossime elezioni europee. Con i 6 progetti di legge di iniziativa popolare, conseguenti a un imponente lavoro di “istruttoria legislativa democratica”, abbiamo tentato di dare una scossa radicale sui grandi temi legati all’economia, all’ambiente, ai diritti.
Contro politiche corporative che aumentano discrasie sociali ed economiche, che limitano le libertà di autodeterminazione, dall’accesso all’aborto all’eutanasia, in un crescendo di panpenalismo che riempie e fa letteralmente scoppiare le carceri, servono i radicali?
Noi ne siamo convinti ma la condizione è di saper incarnare noi stessi un’alternativa.