Articolo di Federica Valcauda pubblicato su StradeOnLine

Piero Calamandrei nel 1955 indicò ai giovani studenti milanesi, con un importante discorso, la via della libertà politica, mettendo in primo piano l’importanza vitale della Costituzione. Non una vitalità meccanica, come egli stesso ricordò: “La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità”.

Leggendo queste parole ognuno di noi dovrebbe sentire quel moto di responsabilità verso la Carta costituzionale, in particolare chi ricopre un ruolo istituzionale, che dovrebbe essere d’esempio e di tutela dei diritti civili e sociali di tutti i cittadini. Invece ci scontriamo con chi lascia cadere quel pezzo di carta, per citare il giurista e politico italiano, ma prende una scelta diversa rispetto all’impegno e al rispetto: decide di calpestarla, promulgando leggi dal sapore di stato di polizia e con profili incostituzionali.
Il compito di uno Stato non dovrebbe essere quello di regolare i problemi sociali con il diritto penale e il carcere, soprattutto non si dovrebbe reprimere il dissenso con la clava dell’illecito penale in sostituzione dell’illecito amministrativo, incorrendo così nel mancato rispetto del principio di proporzionalità della pena, di cui parla l’articolo 27 della Costituzione. Il disegno di legge sicurezza non rispetta questo principio e viola in alcune parti la nostra Costituzione, istituendo uno stato di polizia che “inventa” nuovi reati e spesso “duplica” vecchi reati, oltre a moltiplicare aggravanti simboliche e demagogiche. Una barbarie civile.
Sono ventiquattro i nuovi interventi penali all’interno di questo disegno di legge che aspetta la discussione ed il passaggio al Senato: l’idea poco lungimirante del Ministro della Giustizia Nordio è di usare la leva penale per sobillare gli istinti più irrazionali dei cittadini (e degli attuali governanti), che prendono vita in un pacchetto di articoli ideologici e propriamente illiberali.
Tra le aggravanti che è importante segnalare, per comprendere il livello d’ingiustizia e irrazionalità di questa legge, ci sono quelli relativi ai reati commessi in stazione o in metropolitana. Ecco: davvero vogliamo passare il messaggio che commettere un medesimo reato in luoghi diversi sia, nell’atto, nell’effetto e nelle conseguenze diverso tanto da meritare pene diverse? E secondo quali criteri giuridici e sociologici sono state prese queste scelte?
Non esiste una risposta logico-razionale, perché aggravanti di questo tipo sono state create per inseguire e fomentare le paure degli italiani che votano una certa area politica, che da molti anni si ingegna di suscitare la paura del diverso, meglio se povero, disperato e marginale.
È esattamente il contenuto di questo disegno di legge: una serie di storie di cronaca del telegiornale, create ad hoc per far credere ai cittadini che non si possa più andare in stazione o in metropolitana, anche se la realtà è ben diversa.
Arriviamo poi all’aggravante relativa ai sit-in pacifici di studenti davanti ad una scuola (se fermano il traffico) o i picchetti di sciopero di fronte alle fabbriche. Bloccare il traffico è problematico, infatti esiste già un illecito amministrativo, ma veramente vogliamo mettere in carcere persone che vogliono esprimere il proprio pensiero nelle piazze o tramite manifestazioni pacifiche?
Certo, sarebbe più comodo per tutti comunicare a chi di competenza il sit-in o la manifestazione per non incorrere in alcuna sanzione, ma in ogni caso l’articolo 17 della Costituzione permette comunque di manifestare pacificamente, quando ad essere espresso non è un messaggio d’odio o di violenza.
Secondo un folle filo di coerenza, il Governo ha pensato anche a un nuovo fantasioso reato (anch’esso da stato di polizia), relativo alle rivolte in carcere, che prevede di infliggere una punizione a chi promuove, organizza o dirige una ‘resistenza passiva’, punita da uno a cinque anni.
Insomma, chi è già in carcere con una sentenza definitiva di condanna e decide di partecipare a una manifestazione rischia di vedersi allungare la pena, mentre per più dei 9.000 carcerati in attesa del primo giudizio c’è il rischio di diventare colpevoli di un nuovo reato prima di essere stati giudicati per quello per cui sono in galera. Le stesse regole valgono anche per i CPR, dove i migranti sono ammassati in condizione di detenzione, pur in assenza di una contestazione di natura penale.
Concludiamo poi col regalo che viene fatto alla personale propaganda politica di Alfredo Mantovano: la cannabis light che viene equiparata alla droga.
Sappiamo che scienza e politica spesso non dialogano, ma questa decisione segna un punto di non ritorno rispetto alla mentalità oscurantista di questo governo, che avrà ignorato evidentemente anche i nuovi “tape” di Nixon usciti qualche settimana fa sul New York Times.
Insomma, la questione è breve: molte persone che evitavano di andare in piazza dalle mafie o dalla microcriminalità, perché avevano trovato un’alternativa alla “cannabis ricreativa” illegale acquistando e utilizzando la cannabis light (con un contenuto di THC tecnicamente “non drogante”), torneranno a dare soldi al crimine organizzato. Migliaia di aziende chiuderanno, migliaia di lavoratori resteranno senza lavoro, in barba all’articolo 41 della Costituzione che tutela la libertà economica: e questo ci fa dire senza remore che a questa destra poco importa dell’economia, della salute e della sicurezza del nostro Paese.
Il Senato dovrà fare una scelta cruciale: o seguire l’onda populista che farà schiantare questo disegno di legge di fronte al buonsenso della nostra Costituzione, o dimostrare quella responsabilità di cui Calamandrei parlava agli studenti milanesi. Gestire i fenomeni sociali è la responsabilità di chi governa, la repressione, e quindi l’abbandono delle responsabilità, contiene una sottile vigliaccheria che non è più accettabile.

Strade – La demagogia della galera. Il disegno di legge (in)sicurezza sfregia la Costituzione (stradeonline.it)