Un resoconto a seguito degli incontri con tre Open House Lgbt:
Il Pride di Tel Aviv non ci sarà. La comunità Lgbt dovrà tenere tenere le proprie rivendicazioni a casa, comprese quelle relative alla guerra, perchè un’altra guerra è iniziata, quella con l’Iran. Quello che abbiamo sentito in questi giorni dagli attivisti lgbt va però riportato, viste anche alcune similitudini con il nostro paese (come il taglio dei fondi per i servizi), ma anche alcune diversità (un progresso maggiore sia dei servizi offerti che delle strutture).
La comunità lgbtqia+ esiste da molti anni, ha una sua struttura, e sta al passo con i tempi rispetto alle nuove esigenze, anche mediche, tant’è che a Be’er Sheva è stata da poco aperta una clinica per persone omosessuali.
I matrimoni non sono legali, in particolare per problemi interni relativi alla religione, ma è abbastanza facile andare all’estero, sposarsi, tornare e avere così una “benedizione civile”, mentre le adozioni sono permesse.
“Questa prospettiva ci fa ritenere Israele un Paese senza problemi rispetto ai diritti lgbtqia+, ma la realtà, soprattutto quella futura, è ben diversa. Se è vero che, come ci hanno ricordato in uno degli incontri alla Open House lgbtqia+ a Gerusalemme, il Presidente del Knesset vicino a Netanyahu, è dichiaratamente omosessuale, è anche vero che Smotrich, uno dei ministri più importanti del governo di Bibi, si è dichiarato fieramente ‘fascista omofobo’.
Inoltre, non è possibile ignorare l’aumento del potere politico degli ortodossi.
L’incontro che si è svolto a Gerusalemme ha inoltre messo l’accento su un punto grave: gli attivisti ci hanno comunicato che sono stati tagliati i fondi alle ONG che si occupano di diritti lgbtqia+ da parte del Ministero dell’Eguaglianza Sociale. Questo capita spesso anche in Italia: nel silenzio, tagliano i fondi, per evitare di lavorare attivamente per la comunità.
La stessa notizia ci è stata comunicata oggi, durante la visita alla Open House a Haifa, dove risiede une delle più grandi comunità arabe d’Israele.
I membri di questa comunità ci hanno comunicata che la casa in cui offrono i servizi alla comunità lgbt avrebbe chiuso, visto il taglio dei fondi ministeriali, se non ci fosse stato l’intervento del distretto di Haifa.
Insomma, da questo punto di vista l’apparenza inganna veramente, e la comunità lgbt in Israele potrebbe vedere alcuni diritti scivolare via, insieme all’aumento della paura, in particolare per gli arabi queer, di essere maggiormente discriminati. Alla frase precedente molti potrebbero contestare, affermando che: “gli arabi israeliani o i palestinesi israeliani sono fortunati a poter vivere qui, altrove sarebbe discriminati o addirittura uccisi”; se ciò è vero, è bene tenere comunque dritta la barra del pensiero e dirsi che ‘il male minore’, o la possibilità che alcuni se non fossero qua avrebbero avuto sicuramente ‘una vita peggiore’, non solleva uno Stato Democratico dal tutela tutti, allo stesso modo, e anzi in particolare le minoranze.
Il presente e il futuro di Israele si avvicinano a un bivio, anche sui diritti civili, e per questo è importante essere qui oggi.
Anche in uno dei paesi più progressisti del mondo in tema di diritti lgbtqia+, non è tutto arcobaleno quello che luccica” dichiara Federica Valcauda.