Ottant’anni fa il mondo, ma soprattutto l’Europa, usciva dalla seconda guerra mondiale: quando si
ricostruiscono i fatti che portarono al conflitto sembra di assistere alla folle corsa di un’automobile
contro un muro, come in effetti è stato: i fatti senza giudizio sono ciechi: “dove avevamo la testa?”
(mi sembra di sentire Giacomo Contri).
Da tre anni in Europa (o alle sue porte, come preferisce dire qualcuno) c’è una guerra che rischia di
compromettere gli ottant’anni di pace post bellica. Anche in questo caso c’è un deficit di giudizio
che può avere, e sta già avendo, conseguenze drammatiche.
Il 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione russa, rimasi scioccato dalla tiepidezza delle reazioni di
molte persone, spesso infastidite da una notizia che volevano non considerare o ridimensionare,
come se bastasse non pensarci.

Mi venne in mente qualche episodio di quando, da bambino,
assistevo a piccole ingiustizie, ma la mia indignazione, più che per il fatto in sé, era per le
elucubrazioni con cui gli adulti, mentendo, giustificavano l’ingiustificabile.
Quante volte viene rimproverata ai bambini la mancanza di giudizio proprio da chi non ne ha!


II


Ogni giudizio politico, in quanto atto psichico, è tale perché, come ha insegnato Giacomo Contri,
c’è una Costituzione che precede quella statuale: il pensiero individuale che, già politico (istitutivo
di rapporti cui seguono sanzioni e premi) si riflette nei giudizi politici inerenti la seconda
Costituzione o Carta.
I giudizi posso essere veri, falsi, probabili. Ma che cosa lo stabilisce?
Per secoli i filosofi hanno cercato in una Verità trascendente il criterio di giudizio sulla verità degli
atti ma una verità trascendente è solo una sovrastruttura, una soffocante gabbia calata dall’alto che
deforma gli atti e impedisce il giudizio.
La verità non è neanche un’interpretazione (interpretare non è giudicare): sarebbe il nichilismo del
“non è vero niente”.
La verità è – e dire – ciò che accade e ciò che si fa (o non si fa).
La verità, dunque, è imputativa, sempre, anche quando dico “oggi c’è il sole”.
La salute del pensiero sta nel fatto che imputa correttamente, riconoscendo gli atti e dicendoli per
quello che sono.
Una persona che sta bene giudica bene, senza sovrastrutture: non c’è bisogno di far tornare i conti
(come nelle ideologie).
I giudizi politici sono dunque atti psichici, già politici per la prima Costituzione, poi politici per la
seconda.


III


Rispetto al fatto dell’invasione russa dell’Ucraina i principali giudizi espressi dai parte degli esperti
di geopolitica o da parte di storici e intellettuali sono stati delle contorsioni di pensiero che mi
hanno ricordato i preti quando, non sapendo come rispondere a certe domande, vanno a recuperare
passi biblici o aneddoti agiografici (torna l’interpretazione!) per poi buttarla in mistica: “è un
Mistero …”
Ho sentito con le mie orecchie dichiarazioni di intellettuali anche progressisti (con la superbia
propria del clero) che mi hanno lasciato sgomento per quanto erano perniciose e sprezzanti rispetto
alle vite degli ucraini, mentre non uno storico ha difeso l’intervento, perfetto e in punta di diritto,
del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, proprio perché parresiasta, ha fatto infuriare i
russi.
Invece: le dichiarazioni di Putin secondo cui gli ucraini sarebbero dei nazisti e le recenti
affermazioni di Trump secondo cui Zelensky sarebbe un dittatore sfidano la logica ma trovano
consenso, lo stesso consenso che i nazisti trovavano nei collaborazionisti o nei delatori.
I giudizi più ricorrenti sono stati, in questi tre anni di guerra, “i russi sono aggressori ma è meglio
tenerli buoni” (il famoso coccodrillo che viene sfamato nella speranza di essere mangiati per ultimi,
come sagacemente Churchill definì la politica dei appeasement verso Hitler) fino all’iperbolica
sentenza “la colpa è degli ucraini”: volersi difendere è diventata una colpa: ecco un giudizio
perverso spacciato per buon senso o giustificato in nome di un “Bene” superiore: la pace a tutti costi
(costi che dovrebbero pagare gli ucraini in questo caso).
Qualche richiamo storico e qualche informazione per arricchire il giudizio:
Innanzitutto se ha senso fare qualche analogia storica mi viene in mente la guerra di Spagna: Hitler
e Mussolini aiutarono militarmente il generale golpista Franco mentre le democrazie liberali, in
nome della pace (e perché temevano l’opinione pubblica), non aiutarono la legittima Repubblica
spagnola. Intervenne Stalin a difesa dei repubblicani ma, anziché aiutare la sinistra, fece trucidare i
suoi dirigenti anarchici e socialisti perché riottosi ai suoi comandi, abbandonando gli spagnoli alla
dittatura franchista. Dopa vittoria di Franco scoppiò la seconda guerra mondiale.
Ancora una precisazione: si ripete che i russi hanno contribuito a sconfiggere il nazifascismo: è
vero, ma i russi (i sovietici) si trovarono obbligati a stare da quella parte: erano stati infatti alleati di
Hitler e solo quando la Germania nazista tradì il patto la Russia staliniana passò dalla parte delle
democrazie liberali.
Infine un’informazione, che trovo interessante: l’ostilità di Trump nei confronti del Presidente
Zelensky è dovuta almeno a tre motivi: il primo, ovvio, è che si oppone alla spartizione della sua
nazione tra USA e Russia; il secondo è che il Presidente Zelensky è inviso a Trump perché si rifiutò
di indagare sugli affari del figlio di Biden in Ucraina; il terzo motivo è quello più interessante e
meno noto: Trump, grazie a pressioni del padre, comprò un falso certificato medico che lo dichiarò
inabile al servizio militare per tallonite: quando Trump scredita il Presidente Zelensky definendolo
un “dittatore e un pessimo comico” nega il coraggio e la forza di un uomo che da tre anni rischia la
vita e che ha retto l’urto di un’aggressione terroristica e feroce, ma soprattutto un uomo che il
giorno dell’attacco ha rifiutato di mettersi in salvo, rispondendo agli americani che si erano
impegnati ad evacuarlo assieme alla sua famiglia: “Mi servono armi, non un passaggio.” Nel
coraggio di Zelensky Trump vede riflessa la propria viltà: da una parte il giudizio, dall’altra la
rimozione.


IV


La storia viene spesso convocata a giustificare il mancato giudizio sul presente ma il mancato
giudizio sul presente è solo una rimozione che porta a ripetere ciò che non si è giudicato
compiutamente. Non giudicare compiutamente porta ad accumulare errori. Questo vale per le vite
individuali e vale per la vita politica. I margini di tolleranza delle scempiaggini umane sono ampi,
ma a volte, e questo sta accadendo ora, la menzogna eccede e diventa insopportabile.
Occorre quindi dire la verità: imputare “chi” “cosa” “come” “quando” (domande più importanti del
“perché”): questo fa ordine e dà pace.


V


Giacomo Contri si è chiesto se utilizzare ancora la parola “amore” e ha deciso di tenerla, motivando
la sua scelta. Io mi sono posto la stessa domanda rispetto alla parola “pace”: mentre ci pensavo ho
saputo che Salvini ha proposto il nobel per la pace a Trump. E allora ho pensato che è meglio
buttarla via.


VI


“Dove abbiamo la testa?” chiediamocelo oggi, con Giacomo Contri.

di Roberto Zanni, pubblicato anche su: https://societaamicidelpensiero.it/r-zanni-dove-abbiamo-la-testa/