nota Giulio Manfredi ed Emilia Rossi (Europa Radicale):
Il 21 ottobre scorso, il Direttore Generale dei Detenuti e del Trattamento del DAP
(Dipartimento Amministrazione Penitenziaria), Ernesto Napolillo, ha inviato una
circolare ai Provveditorati Regionali e alle Direzioni degli istituti penitenziari con
cui si dispone che “per i soli Istituti penitenziari con circuiti a gestione
dipartimentale (Alta Sicurezza, Collaboratori di Giustizia, 41-bis) l’autorizzazione
per gli eventi di carattere trattamentale, anche se previsti per i soli detenuti allocati
nel medesimo istituto al circuito cd. Media Sicurezza, dovrà sempre essere richiesta
a questa Direzione Generale”.
La “Circolare Napolillo” viola patentemente quanto disposto dall’art. 17 della legge
n. 354/1975 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure
privative e limitative della libertà), che così recita: “Art. 17 (Partecipazione della
comunità esterna dell’azione rieducativa):
La finalità del reinserimento sociale dei
condannati e degli internati deve essere perseguita anche sollecitando ed
organizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o
private all’azione rieducativa. Sono ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con
l’autorizzazione e secondo le direttive del magistrato di sorveglianza, su parere
favorevole del direttore, tutti coloro che avendo concreto interesse per l’opera di
risocializzazione dei detenuti dimostrino di potere utilmente promuovere lo sviluppo
dei contatti tra la comunità carceraria e la società libera. Le persone indicate nel
comma precedente operano sotto il controllo del direttore.”.
La legge citata, che chiaramente nella gerarchia delle fonti è superiore a una
circolare del DAP, individua il direttore dell’istituto penitenziario come unico
soggetto titolato a ricevere le richieste, esprimere il parere e controllare le attività
svolte in carcere da soggetti esterni, agendo in sinergia con il magistrato di
sorveglianza. Se il DAP o il sottosegretario Delmastro o chiunque intende cambiare
le regole in materia, deve presentare e far approvare dal Parlamento una nuova legge.
La legge 354/75 ha compiuto cinquant’anni proprio quest’anno; non sono mancate le
celebrazioni e i convegni ad hoc; ma oltre a celebrarla, la legge va letta e rispettata.
