Il docente e storico Angelo d’Orsi, nel mostrarsi scocciato per l’annullamento di una conferenza a Torino su “Russofobia, russofilia, verità”, si lascia andare a scivoloni che, da un accademico scrupoloso, non ci aspetteremmo.
D’Orsi accusa “una ignota associazione ucraina” e “una sigla legata al Partito radicale” (che sarebbe Europa Radicale, e ci chiediamo e gli chiediamo in quale senso “legata”) di avere “contribuito a far scarcerare il responsabile dell’omicidio del nostro fotoreporter Andrea Rocchelli, nel Donbass”.
“Si dà il caso che Vitaliy Markiv, processato per l’omicidio volontario di Andrea Rocchelli (e accusato, seppure non nel processo in Italia, di quello di Andrej Mironov, dissidente russo con Rocchelli in quel momento a Sloviansk), sia stato assolto da una Corte d’Assise d’Appello della Repubblica italiana, e non da un’associazione politica. Assoluzione confermata poi in Cassazione. Negli Stati di Diritto, per quanto imperfetto sia il Diritto, i processi si fanno ancora nei Tribunali e non nelle sedi dei partiti o delle associazioni politiche, che nulla possono (per fortuna!) per dirigere i verdetti. L’affermazione è gravissima e ci chiediamo che cosa ne pensa il presidente di quella Corte che assolse Markiv” commenta Massimiliano Melley, membro del direttivo di Europa Radicale.
D’Orsi scrive poi che, nell’ambito della conferenza, “era previsto anche un collegamento dal Donbass con un giornalista italiano, Vincenzo Lorusso, in quanto autore di un recente volumetto intitolato “De russophobia”, quindi persona informata e qualificata per parlare”. Definire Vincenzo Lorusso “persona informata e qualificata in quanto autore” del libro “De russophobia” è curioso.
Chiunque riesca a scrivere un libro e a pubblicarlo sarebbe quindi, automaticamente per questo, qualificato su quel tema? Colpisce che a dirlo sia un accademico, che dovrebbe sapere che non basta scrivere e non basta pubblicare per essere anche ritenuti qualificati.
Ma non è tutto.
“Come è arcinoto, Lorusso lavora con “International reporters”, un’agenzia nata nel 2023 in Russia e, secondo Reporters sans frontières, finanziata da Ano Dialog, un’organizzazione a sua volta finanziata dal Cremlino e sotto sanzioni (così come sanzionato è il direttore di Ano Dialog, Vladimir Tabak) con l’accusa di creare e diffondere fake-news sulla guerra in Ucraina e anche di avere utilizzato i “bot” per cercare d’influenzare le elezioni statunitensi del 2024. Sempre secondo RSF, “International reporters” è stata finanziata anche dal Ministero dello Sviluppo Digitale russo nel 2024.
Il libro di Lorusso, “De russophobia”, può “vantare” la prefazione nientemeno che di Maria Zakharova, la portavoce del Ministero degli Esteri di Mosca. Sì, la stessa che qualche giorno fa ha fatto la sciacalla sul crollo della Torre dei Conti a Roma (un uomo è morto), affermando che l’Italia crollerà tutta se continuerà ad aiutare l’Ucraina” aggiunge Melley.
Sarebbe questa dunque la persona “qualificata” che intende d’Orsi? Sarebbe questo, il “De russophobia”, il libro “qualificato” per parlare di russofobia? Il problema, che d’Orsi nel suo comunicato sembra non voler neanche prendere in considerazione, non riguarda le idee o la loro circolazione, ma la propaganda del regime russo attraverso leggende costruite per attecchire presso l’opinione pubblica occidentale (soprattutto italiana, per la verità).
L’ultima di queste leggende è proprio la presunta “russofobia” di cui si macchierebbero governi e popoli occidentali ogni volta che criticano la guerra d’invasione su larga scala, che la Russia continua a perpetrare contro l’Ucraina, o addirittura ogni volta che “osano” porre sanzioni alla Russia per questo.
“Europa Radicale è in prima linea per contrastare non solo la guerra all’Ucraina, ma anche la disinformazione e la propaganda russa quando cercano di penetrare in Italia. La propaganda della presunta “russofobia” si fonda, e d’Orsi da storico dovrebbe saperlo bene, sulla pervasività in Russia dell’ideologia nazionale. La Russia “unita”, come il nome del partito di Putin, nella cultura, nella scuola, nell’economia, nelle tradizioni religiose che si fanno civili e politiche, nel militarismo, nell’imperialismo. Ecco allora che “toccare” un cantante lirico (a favore del regime, perché se è contro il regime non lo fanno neanche lavorare in patria!) significa “toccare” la patria” conclude Melley.
