Di Massimiliano Iervolino
Quando si parla di Radicali si pensa subito alle carceri. Infatti da almeno 40 anni ci occupiamo di istituti circondariali, ossia della vita del diritto per il diritto alla vita di detenuti e guardie penitenziarie. Per una pena rieducativa e non punitiva, proprio come recita la Costituzione.
Tuttavia i suicidi continuano, nel 2024 sono già più di venti. Un numero inaccettabile per una Paese che si definisce democratico. Perciò la nostra opera è sempre fondamentale: visitare, monitorare, proporre e denunciare. Questa è la mission Radicale.
Ma non è sempre stato così. C’era qualcosa di più. Soprattutto quando esisteva un legame forte tra chi stava dietro e chi aldilà delle sbarre. Parliamo degli anni 70’ e degli anni 80’ quando gli Istituti Penitenziari erano molto diversi da oggi così come i detenuti che li popolavano.
Erano gli anni del terrorismo e della criminalità organizzata. Gli anni delle rivolte, delle evasioni, delle bombe e degli omicidi. Tutto questo accadeva in carcere, non solo fuori. Gli anni di Ammaturo, Curcio, Cutolo, Vallanzasca, Senzani e tanti altri. Gente che da dietro le sbarre ordinava ammazzamenti, rapine, sequestri e attentati. Non c’era il 41 bis ma gli istituti di massima sicurezza.
Come quello di Trani. Popolato da molti brigatisti. Autori di diverse rivolte per denunciare le condizioni carcerarie, il più delle volte sedate dai carabinieri con durissime rappresaglie. Tanto è vero che uno dei motivi del sequestro del giudice D’Urso – avvenuto a Roma da parte delle Brigate Rosse il 12 dicembre del 1980 – era proprio la condizione del penitenziario pugliese. Infatti le BR chiesero come “riscatto” la pubblicazione dei comunicati dei comitati dei brigatisti incarcerati. I maggiori quotidiani e la Rai si rifiutarono, Radio Radicale no. I deputati Radicali fecero visita al carcere di Trani. Il giudice venne liberato. Il resto è storia: P2, P38, PScalfari e Pci.
In quel periodo le carceri erano una polveriera. Due esempi su tutti.
Il 3 gennaio 1982 esplose una bomba al carcere di Rovigo, evasero la terrorista Susanna Ronconi ed altre tre. L’esplosione uccise un passante, ci furono sei feriti. Le sentinelle furono prese a fucilate.
Il 21 marzo 1982 quattro candelotti di un potentissimo esplosivo al plastico, murati nella parete di una cella, vennero trovati dagli agenti di custodia nel Carcere di Poggioreale, nel padiglione “Milano” dove erano rinchiusi i detenuti indicati come aderenti alla Nuova Camorra Organizzata.
L’anno prima si chiuse con 27 detenuti uccisi, tra questi diversi nomi “eccellenti”. Il malavitoso Francis Turatello, il neofascista Ermanno Buzzi, il piellino Giorgio Soldati e Mario Moretti, quest’ultimo solo ferito.
Ad agosto del 1981 già si contavano 108 feriti. Nei fatti erano veri e propri campi di battaglia più che istituti rieducativi.
Tant’è che Poggioreale aveva il suo boia, Raffaele Catapano. Uomo della NCO.
Molti suicidi erano tali solo all’apparenza o al massimo indotti, come quello di Salvatore Serra detto “cartuccia” boss di Pagani.
I Radicali iniziarono ad occuparsi di carceri proprio durante questi tragici eventi. La loro funzione era più ampia di quella di oggi. In un mondo, quello penitenziario, dove si decideva una parte rilevante delle sorti del nostro Paese.