TRIBUTO per Felicita “Cicci” Torrielli Aden letto da Beatrice Pizzini in occasione del funerale della mamma

Cari amici, parenti, e a tutti voi riuniti qui oggi,
siamo qui per salutare una donna che non si è mai tirata indietro davanti alla vita. Una donna che ha lottato, costruito, amato e lasciato un’impronta profonda in tutto ciò che ha toccato: Felicita Cicci Torrielli Aden.
Felicita ha vissuto 89 anni intensi, vissuti con quella rara combinazione di coraggio, intelligenza e cuore che solo poche persone sanno incarnare davvero. Raccontare quasi 90 anni vissuti così è difficile. Ma ciò che resta, oltre ai ricordi, sono le tracce.
Felicita ha lasciato dietro di sé un esempio potente: la prova che non bisogna avere paura di essere sé stessi, di dire la propria opinione, di lottare per ciò in cui si crede.
Ha insegnato che anche nelle difficoltà più grandi, c’è sempre una via, se si ha la volontà e il coraggio di cercarla. Chi l’ha conosciuta lo sa: Felicita era una combattente.
La vita per lei è sempre stata una sfida, ma non si è mai fatta spaventare. Anzi, più le cose erano difficili, più lei tirava fuori la grinta.
Caparbia, testarda, determinata fino all’ultimo giorno, è andata avanti senza mai chiedere il permesso, senza farsi fermare da nessuno.
Negli anni ’70 ha fondato la sua azienda nel settore dell’abbigliamento femminile, dando lavoro a 30 persone e contribuendo a costruire qualcosa di concreto, di solido, di bello.
Ma non si è fermata lì: nel 1972 è volata fino a Mogadiscio, in Somalia, dove ha ideato e realizzato – insieme alla Banca Somala di Sviluppo – la prima fabbrica di confezioni del Paese. Un’impresa pionieristica, che dice tutto del suo spirito libero, del suo modo di pensare avanti, di precorrere i tempi.
Nel 1999, dopo la chiusura della sua azienda, ha continuato a lavorare con la stessa passione da consulente nel campo della moda.
E poi, nel 2002, ha fondato insieme a Mohamed Aden Sheikh e ad altri amici l’Associazione Soomaaliya, ancora una volta guidata da quella voglia instancabile di fare, di costruire, di lasciare il mondo un po’ meglio di come lo aveva trovato.
Ma già negli anni ’80, Felicita aveva affrontato una delle sue battaglie più dure: la lunga e ostinata lotta per far liberare Mohamed, prigioniero incomunicato, rinchiuso in isolamento in un carcere somalo, in condizioni durissime. Era un periodo buio per la Somalia, dove alzare la voce significava rischiare tutto e Mohamed non ha taciuto. E anche lei, come sempre, non ha taciuto. Ha scritto, denunciato, insistito, con la sua voce forte, coerente, coraggiosa, fino a quando, nel 1989, riuscì a farlo arrivare in Italia, sano e salvo.
Nel 1992 poi, ha compiuto un gesto quasi incredibile: è partita per l’Etiopia, sola con Mohamed, per tentare l’impossibile. Sono partiti da soli, con niente in mano se non il coraggio e la volontà. Niente deleghe, niente protezioni. Solo la forza della loro presenza, del loro legame, e della loro determinazione a non lasciare nessuno indietro. Hanno raggiunto un campo nel deserto a Neghelli, dove un gruppo di somali era rinchiuso e dimenticato dal mondo.
Sono tornati in Italia con quaranta persone, tra adulti e bambini. Quaranta vite salvate, semplicemente perché Felicita non riusciva a voltarsi dall’altra parte.
Dopo la morte di Mohamed, nel 2010, Felicita ha trasformato il dolore in azione. Con forza e amore, ha portato avanti il suo sogno: costruire un ospedale gratuito per bambini ad Hargeisa, in Somalia. E così, dopo soli due anni, è stato inaugurato l’ospedale Mohamed Aden Sheikh Teaching Hospital – un luogo di cura, ma anche un simbolo di speranza, memoria e futuro.
L’associazione Soomaaliya per rendere omaggio nel 2023 ha terminato di costruire un Centro Materno Infantile che porta il suo nome “Felicita Torrielli” e lei ne era molto fiera. Felicita non era solo una donna d’azione. Era una donna di idee, di valori.
Femminista convinta da sempre, è stata iscritta al Partito Radicale dal 1970, ha creduto fino alla fine nella libertà, nei diritti civili, nella laicità, nel coraggio di dissentire. Divorzio, aborto, eutanasia, sono state le sue battaglie.
Ha concluso il suo viaggio restando radicale, così come ha vissuto: con coerenza, con spirito libero. Non seguiva le mode né le convenzioni. Seguiva il suo cuore e la sua testa. Crescere con una mamma come Felicita non è sempre stato facile. Ma nemmeno per lei è stato facile avere a che fare con due figlie come noi. Siamo state simili, anche troppo. Tre caratteri forti, tre volontà tenaci, tre spiriti difficili da domare. Eppure, tra noi tre, c’è sempre stata una connessione fortissima. Una cosa che non si può spiegare a parole, ma che c’era — anche nei silenzi, anche nei contrasti, anche nelle distanze. Un filo invisibile che ci teneva legate, sempre.
E oggi, con tutta la verità e l’amore che solo il tempo e la maturità sanno far emergere, Elisabetta ed io possiamo dirlo insieme, senza esitazione: siamo figlie di nostra madre. Degne e orgogliose figlie di Felicita Torrielli. E quella parte di lei che vive in noi, continuerà a camminare, a lottare, ad amare.

Vogliamo infine ringraziare tutti voi che avete fatto un pezzo di cammino con lei. Grazie a chi ha condiviso battaglie, parole, silenzi, risate. A chi le è stato vicino nei momenti belli e in quelli difficili. A chi ha camminato con lei anche solo per un tratto, lasciandole un segno e portandone uno via.

Un pensiero speciale va ai componenti somali della nostra famiglia allargata – perché sì, per nostra madre la Somalia è stata una casa dell’anima. Un posto dove avrebbe voluto vivere.
Un luogo dove ha costruito relazioni profonde, dove ha trovato alleanze, affetti, legami che andavano ben oltre il lavoro o l’impegno civile. Con voi ha condiviso battaglie, sogni, fatiche, risate.
Con voi ha costruito una famiglia dentro la famiglia. Siete parte della nostra storia, della nostra eredità, della nostra memoria. Felicita vi ha voluto bene e quel bene continua a vivere attraverso di noi.

Oggi la salutiamo con dolore, ma anche con immensa gratitudine. Per tutto quello che è stata. Per ogni gesto, ogni parola, ogni insegnamento – anche quelli che, magari, all’inizio facevano un po’ arrabbiare, perché lei era così: non faceva sconti a nessuno, ma sempre per spronarti a diventare la versione più vera di te. Grazie, mamma, per averci insegnato che non si molla, mai. Per aver vissuto con passione, con dignità, con fuoco. Per averci lasciato un’eredità che non si misura in cose, ma in esempio. Noi porteremo con noi la tua forza.

Ciao Mamma, continuiamo a volerti bene. Sempre.