Il governo ungherese di Viktor Orbán ha scelto, ancora una volta, la strada della repressione e della discriminazione. Come ormai noto, con l’ennesima modifica alla legislazione nazionale, il Parlamento di Budapest ha trasformato la partecipazione ai Pride in un illecito amministrativo. Una strategia cinica e violenta, che mira a spegnere la voce e la visibilità della comunità LGBTQ+ e a cancellare lo spazio pubblico come luogo di libertà.
Il Pécs Pride (centro minore del Sud dell’Ungheria) 2025 è stato formalmente vietato dalle autorità ungheresi. Secondo le nuove disposizioni, come giá accaduto per il
Budapest Pride, manifestare per i propri diritti può non solo costare fino a 500 euro di multa, ma il governo si è dotato anche di strumenti di sorveglianza invasivi, come il riconoscimento facciale, per monitorare e colpire chi sceglie di non piegarsi. È l’ennesimo attacco al diritto di riunione, alla libertà di espressione e all’autodeterminazione personale. Ed è anche l’ennesimo passo verso una deriva autoritaria, fondata sulla paura, sull’ideologia e sulla menzogna.
Il pretesto, come sempre, è la “protezione dei minori”. Ma nessun bambino è in pericolo per la semplice esistenza visibile di persone lesbiche, gay, bisessuali, trans, intersex o non binarie. In pericolo, invece, sono la libertà, la dignità e lo stato di diritto. In Ungheria, oggi, essere se stessi è una colpa, mostrarsi è una provocazione, reclamare i propri diritti è un reato. A questa logica totalitaria non possiamo cedere.
“Quando uno Stato criminalizza il Pride, criminalizza l’identità, criminalizza la libertà. La legge di Orbán è un attacco frontale alla dignità delle persone LGBTQ+, ma anche una sfida diretta all’Europa intera. Se Bruxelles tace, si rende complice,” dichiarano Chiara Squarcione e Federica Valcauda di Europa Radicale. “Come Europa Radicale, saremo sempre dalla parte di chi resiste con il proprio corpo e la propria voce: per questo siamo stati tra i primi in Italia a dichiarare il nostro sostegno al Budapest Pride, a partecipare alla Marcia e agli incontri con il Sindaco Karácsony e con i rappresentanti dell’Unione Europea e della Commissione per i Diritti Umani.”
Il Pécs Pride è un altro passaggio essenziale per ribadire che in Europa non c’è spazio per la violenza dell’autoritarismo, per l’isolamento e la paura che l’impronta illiberale e liberticida dei conservatori vuole imprimere alla politica europea. La disobbedienza civile a Pécs, come a Budapest, è difesa della democrazia europea.
La repressione dei Pride in Ungheria è il tentativo evidente di costruire uno Stato illiberale, partendo dal bersaglio più facile: le minoranze. Si normalizza la censura, si reprime la libertà di riunione, si rende pericoloso anche solo essere visibili. Partecipare al Pride non è solo un atto di resistenza, ma un’affermazione politica fondamentale: la libertà si conquista esercitandola. Più persone marceranno, meno sarà possibile isolarle. Più corpi si uniranno, meno lo Stato potrà reprimerli.
“Quello che accade in Ungheria è l’esempio perfetto di come si costruisce uno Stato illiberale: si parte dalle minoranze, si normalizza la censura, si reprime la libertà di riunione,” affermano Nicola Bertoglio e Claudio Uberti dell’ Associazione Radicale Certi Diritti. “Come Certi Diritti, difendiamo ogni persona che vorrà manifestare a Pécs. La disobbedienza è legittima, necessaria, atto politico fondamentale per combattere e scardinare la legge ingiusta.”
All’Unione Europea chiediamo di smettere di esprimere solo preoccupazioni. È tempo di agire con forza e chiarezza: aprire immediatamente procedure di infrazione contro il governo ungherese, attivare tutti i meccanismi previsti dai trattati per la difesa dello Stato di diritto, sostenere concretamente chi difende i diritti fondamentali sul campo. Le leggi di Orbán violano apertamente la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Davanti a tutto questo, il silenzio non è neutralità: è complicità.
Il Pécs Pride deve marciare. Con orgoglio, con determinazione, con la forza di chi sa che il futuro non può essere negoziato con la paura. Noi saremo lì, con loro, idealmente e fisicamente, per dire che nessuna legge d’odio può fermare la libertà.